WORKSHOP UBO

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Azioni, News

15 febbraio 2023

Université de Bretagne Occidentale
Master mention Direction de Projets ou Etablissements culturels
Parcours Management du spectacle vivant

Una edizione del workshop L’amavo troppo e le ho sparato concepita per viaggiare in una valigia. Si riflette e si ricama su carta in scala A3. Piccolo formato, pari intensità.

L’AMAVO TROPPO E LE HO SPARATO
Un workshop di Irene Pittatore, in collaborazione con la formatrice Isabelle Demangeat e la curatrice Tea Taramino

Stralci di articoli e processi internazionali per violenza domestica e femminicidio, dal 1848, portano alla luce, per frammenti, le voci di donne che hanno subito abusi, dei loro aggressori e di testimoni dei fatti, svelando una spaventosa attualità e ricorrenza di azioni, discorsi e posizioni giustificatorie nei confronti degli aggressori e denigratorie nei confronti delle donne. Stampate su grandi tessuti con un carattere tipografico a punto croce, queste testimonianze diventano base di lavoro per un ricamo collettivo, itinerante. 

Nel corso del workshop, gli studenti e le studentesse sono invitati a lasciare la loro croce sui tessuti le cui testimonianze risuonano con la propria diretta esperienza di vita o di lavoro. Il ricamo si fa dunque strumento di misura della diffusione dell’esperienza quotidiana della violenza di genere. 
Un’azione condivisa di consapevolezza, immaginazione e lotta a paradigmi culturali iniqui e patriarcali, nel tentativo di tracciare, anche visualmente, alternative e vie di fuga.

Ciascuno dei teli ricamati introdurrà e illustrerà un capitolo del quaderno d’artista L’amavo troppo e le ho sparato, pubblicazione transmediale e bilingue, edita da Capovolte, dedicata a lettori e lettrici a partire dai 12 anni di età e al personale educante che si occupa di contrasto alla violenza. Il quaderno ha lo scopo di favorire il riconoscimento delle radici culturali della violenza di genere e delle sue manifestazioni, per imparare a contrastarle. Uno strumento artistico di formazione e supporto per l’analisi dei ruoli di genere e dell’immaginario legato alla virilità, che porta con sé assegnazioni e ingiunzioni sociali in cui la violenza raramente è messa in discussione, se non nel momento in cui diventa reato.

“J’ai choisi la phrase JE M’EN DOUTAIS BIEN. C‘est assez violent et révélateur des gens qui nous entourent et qui n‘agissent pas, qui regardent ailleurs. C‘est représentatif du monde dans lequel on vit: il y a des femmes qui se font violer en plein métro et personne ne réagit”. 

Le studentesse e gli studenti del Master mention Direction de Projets ou Etablissements culturels

 “Je trouve que la phase JE M’EN DOUTAIS BIEN donne un effet fataliste. Comme si on ne pouvait pas empêcher (la violence) et qu‘on se sent extérieur à ce qui se passe, alors que justement, on s‘en doute. Donc on le sait.”

Le studentesse e gli studenti del Master mention Direction de Projets ou Etablissements culturels

“J’ai choisi À CHAQUE MOMENT TITUBANTE ET EFFRAYÉE DE LE RENCONTRER parce que ça résonnait pour moi et pour mon entourage aussi.”

Le studentesse e gli studenti del Master mention Direction de Projets ou Etablissements culturels

“J’ai choisi la phrase NULLA DI PIÙ GRAVE SI SEPPE ADDURRE CONTRO DEL MARITO FUORCHÉ IL FATTO DI AVERE IN UN MOMENTO DI IRA GETTATO CONTRO LA MOGLIE UNA CATINELLA DI FECI E AVERLA COLPITA CON PUGNI.
Le contraste est extrèmement violent entre le début de la phrase, parce qu‘il ne se passe rien pour le mari. Il continuera sa vie comme si de rien n‘était. De l‘autre côté, l‘humiliation symbolique et physique de recevoir des excrèments humains, comme si cette personne était moins que rien.  Il y a une double négation physique et symbolique de la personne que je trouve extrèmement violente et choquante. C‘est quelque chose qui m‘a bouleversée.”

Le studentesse e gli studenti del Master mention Direction de Projets ou Etablissements culturels

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